venerdì 11 aprile 2008

Giorgio Bernardinelli e il nome ritrovato



Quasi ad opporsi alla progressiva disumanizzazione della vita e dell’arte che, rimandando soltanto a sé stessa, inevitabilmente si annienta, Giorgio Bernardinelli sembra aver acquisito una nuova dimensione del tempo atta a tradurre le cose in profezie e le profezie in cose. I colori della roccia e della carne, della sabbia e del cielo selezionano un presente rinnovato, in cui passato e avvenire si fondono e l’uomo può riconoscere lo stesso inebriante fermento dell’anima che, nel dire e nel dirsi, inventa e ritrova la propria unità originaria.
Crocifissa al tronco della propria storia, la libertà ci osserva come un animale da soma, grigio e immobile; un peso ci trascina giù nel fondo, improvvisamente restituiti alla legge della pietra, del ferro, della materia inerte. Ma ecco, una finestra si accende nella notte, un cavallo di candida spuma corre leggero verso l’ignoto; il plenilunio del cuore penetra i sensi e li unisce in una dolcezza sconosciuta alla nostra carne. Questo è il paesaggio da evocare, il palinsesto da riscoprire: il nome segreto, sequestrato nelle viscere umane e divine di ognuno, quasi una candela accesa, altissima che, oltre il filo spinato della separazione e dell’angoscia, congiunge il cielo e la terra in un bagliore d’aurora. Ed è quanto ci resta, in fondo, del sogno di Dio, visto soltanto da chi ha attraversato la vita conservando lo spirito d’infanzia. Il santo sa che nel confidente abbandono si prepara la via: e lascia che il dolore del mondo gli pesi sul cuore fino a spezzarlo, fino ad accoglierlo nelle sue viscere come un figlio, così da trasformare il lamento in sorgente, e la sorgente nel fiume d’azzurro che solo può traghettare gl’infelici alle rive dell’eterno.
Ma questa sorgente-sembra chiedersi l’artista-questo fiume d’azzurro non è forse il pianto segreto di Dio nel cuore dei Suoi figli?

Luciana Oliveri

lunedì 7 aprile 2008

A Giorgio - poesia di Luciana Oliveri


Lascia ad altri il dubbio
che scava umide tane,
per te la vita ha un nitido volto
è sole alto nel cielo:
non puoi interrogare il sole.
Tu conosci il suicidio del cervo
sui monti violentati
da inumano fragore,
ma quando parli è stupore di boschi
nel primo mattino della creazione,
quando la vita non era ansia d’arrivi,
ma ponte continuo di luce;
al paradiso era ignota la morte,
così è straniera al tuo cuore;
non ti crucciare se non la comprendi,
se ti appare un artiglio ingiusto,
un lunghissimo urlo e poi nulla…
Quando verrà a chiuderti gli occhi
avrà un’innocente malizia di bimba
che vuol giocare a moscacieca con te.

Luciana Oliveri

domenica 6 aprile 2008


Presentazione dell’artista Giorgio Bernardinelli

Chi volesse riassumere in una parola la principale caratteristica della produzione pittorica di Giorgio Bernardinelli, la troverebbe perfettamente nella parola "visione": sono spazi dell’anima e accadimenti del nostro tempo, universi di uomini, di cose, di animali, espressi in un simbolismo personalissimo, dove l’acceso cromatismo diventa un ponte di luce tra la realtà e il sogno, in un intreccio di gialli, verdi, azzurri, di rossi, come lampade accese ad esorcizzare la morte. Se questo atteggiamento nasce dalla personalissima linfa dell’artista, non sono da trascurare i suoi ascendenti ungheresi, quel bisogno di stordire la malinconia nella forza accesa del folklore, quella tensione verso l’assoluto che fa dire al poeta magiaro Ady Endre "il modo migliore di contentare noi ungheresi è di non contentarci affatto". Nei lavori di Giorgio Bernardinelli si sente la nostalgia degli antichi cantori, dei novellatori nelle notti d’inverno quando la vita e la favola si confondevano come le fiamme del fuoco e ogni racconto portava le tracce del sorriso di Dio.
Luciana Oliveri